07/02/2014
Servizi a Rete

Un nuovo percorso per il Rio Piazza

La nuova tratta autostradale, che si estende per 59 km tra Sasso Marconi (Bologna) e Barberino del Mugello (Firenze), rappresenta un’infrastruttura strategica per il collegamento tra Nord e Sud e uno snodo nevralgico per la mobilità di persone e merci tra l’Europa e il Mediterraneo. La sua realizzazione, infatti, si inserisce nel progetto di potenziamento della A1 Milano-Napoli, che ha proprio nel tratto dell’Appennino tosco-emiliano uno dei nodi critici, con picchi quotidiani di 89.000 veicoli e punte di quasi 25.000 camion e pullman.

Il progetto, del costo complessivo di circa 4 miliardi di euro, si articola in diversi interventi: l’ampliamento da due a tre corsie più la corsia di emergenza del tratto Bologna Casalecchio – La Quercia del tracciato della A1, completato nel 2009; la realizzazione di 40 km di una nuova autostrada, la Variante propriamente detta, tra La Quercia, sul lato emiliano del valico, e Barberino, in Toscana, in via di completamento. In tal modo il nuovo tracciato, parallelo e integrato all’Autostrada del Sole, consentirà di migliorare la viabilità e di ridurre drasticamente i tempi di percorrenza tra Bologna e Firenze.

L’esecuzione dell’opera, avviata nel 2002, ha dovuto confrontarsi con diversi problemi tecnici. La principale caratteristica della Variante, infatti, è di inserirsi con numerose gallerie, ben 25 per una lunghezza totale di 46 km, e viadotti (22 per complessivi 13 km) in uno dei territori morfologicamente e geologicamente più complessi d’Italia, affrontando terreni disomogenei e soggetti a frane, dove sono anche presenti sacche di grisù, un gas che può incendiarsi ed esplodere in miscela con l’aria. Ad incrementare le difficoltà dello scavo in galleria contribuisce la loro dimensione, dal momento che queste hanno diametri enormi e pari a 15,62 m. Fattori che hanno contribuito a rallentare i lavori e che hanno richiesto anche il ricorso a tecnologie innovative. Non a caso l’opera simbolo della Variante è la galleria Sparvo, lunga 2,5 km, una delle più complesse per le caratteristiche del terreno, il cui scavo ha richiesto l’invenzione di una fresa in grado di operare in presenza di gas. Si tratta della Tunnel Boring Machine (TBM-EPB), progettata in collaborazione con l’Azienda USL di Firenze e l’Università di Bologna e costruita in Germania,  che,  con un diametro di 15,7 m e una lunghezza di 110, è la fresa scudata più grande mai realizzata al mondo.

 

Le criticità del territorio

Nell’ambito dei lavori legati alla realizzazione della Variante di Valico, il committente Autostrade per l’Italia ha previsto una serie di interventi di riqualificazione e valorizzazione dei territori interessati dall’opera.

Tra queste, il nuovo incanalamento del Rio Piazza, un torrente che nasce a monte dell’omonimo viadotto della A1. Il lavoro rientra negli interventi di sistemazione del versante di S. Maria Maddalena, nel comune di San Benedetto Val di Sambro (Bologna), con lo scopo di limitare i fenomeni di infiltrazione superficiale e di regimare le acque superficiali sul versante e nell’abitato, mettendo così ordine a una serie di interventi succedutisi nel corso del tempo.

Il corso d’acqua in origine si sviluppava lungo la linea di massima pendenza del versante e confluiva nel Torrente Setta, in prossimità della stazione ferroviaria di San Benedetto. I vari interventi edificatori che negli anni hanno interessato la frazione di Ripoli ne hanno però modificato il percorso con il tombamento in diversi tratti.

«Un territorio tra i più critici della regione. La presenza sul versante di una frana parzialmente attiva e del torrente potevano rappresentare una fonte di rischio per i centri abitati e per le gallerie autostradali realizzate a valle – spiega Marco Rami del Servizio Tecnico Bacino Reno, l’ufficio della Regione Emilia Romagna che ha competenza sui corsi d’acqua, sulle aree demaniali di pertinenza fluviale e sulle opere idrauliche nei territori attraversati dal fiume Reno -. Pertanto abbiamo chiesto ad Autostrade per l’Italia di verificare l’intera area e lo stato delle condotte nelle quali scorre il torrente, realizzate circa 50 anni fa».

Le indagini condotte da Spea, la società del gruppo Autostrade per l’Italia che sviluppa servizi integrati di ingegneria per le infrastrutture di trasporto, hanno riscontrato che le vecchie tubazioni avevano diametri insufficienti a contenere le portate tipiche dei regimi di piena. Inoltre, presentavano diversi problemi di stabilità, quindi non garantivano l’assenza di perdite nel terreno e dei conseguenti fenomeni di percolazione nel corpo della frana.

 

Il progetto

Poiché non è apparso possibile procedere con la sostituzione delle condotte esistenti, si è optato per lo sviluppo di un nuovo tracciato, compatibile con il tessuto urbano attraversato, in modo da limitare le infiltrazioni e ridurre il rischio idraulico per le abitazioni che sorgono in prossimità del vecchio condotto.

Una scelta che ha permesso di conseguire un altro importante risultato. Dal momento che il manufatto era utilizzato come recapito di diversi scarichi civili, l’opera rappresenta anche un intervento di bonifica socio-ambientale e di razionalizzazione delle infrastrutture idrauliche a servizio dell’abitato di Ripoli. Il nuovo tracciato, infatti, sarà destinato ad accogliere esclusivamente le acque del Rio Piazza, per adibire il canale esistente a rete fognaria.

La messa a punto del progetto è stata affidata allo studio Politecnica ingegneria e architettura di Modena, che ha lavorato in sinergia con Servizio Tecnico Bacino Reno e ha previsto un nuovo percorso della lunghezza complessiva di 450 m che si sviluppa per buona parte sotto la viabilità locale, per poi sfociare nell’alveo naturale a valle dell’abitato di S.Maria Maddalena frazione di Ripoli, fino a confluire nel torrente Setta.

«Si tratta di un progetto molto accurato, che ha trovato tutte le soluzioni più opportune alle criticità evidenziate dal nostro ufficio, costituite principalmente dalle forti pendenze – riprende Rami -. Proprio il continuo confronto con i progettisti su questi aspetti ha contribuito a velocizzare l’iter autorizzativo in modo da dare subito il via ai lavori».

L’orografia dell’area fa sì che l’intubamento presenti pendenze elevate, con medie del 5% e punte del 10-15% nel tratto terminale. «Per risolvere queste problematiche lungo il tracciato abbiamo previsto 21 pozzetti di salto e di ispezione, così da attenuare la forza delle acque, e la realizzazione, nel punto di sbocco, di un’apposita opera di dissipazione dell’energia della corrente, costituita da una vasca in calcestruzzo armato – spiega Marcello Mancone di Politecnica ingegneria e architettura -. Inoltre, per i primi 30 m, l’alveo esistente sarà rivestito in massi ciclopici, come ulteriore misura di protezione dallo scalzamento e dall’erosione».

 

Le tecnologie

Per la costruzione della condotta la scelta è ricaduta sulle tubazioni Paladex, dal diametro di 1,5 m, prodotte e fornite dall’azienda Paladeri. Si tratta di una tecnologia di tubazione composta da una parete interna liscia in polietilene ad alta densità, una parete esterna strutturata in polietilene sempre ad alta densità che ricopre un’anima in acciaio a sua volta ricoperta da uno strato di adesivo a base polietilenica che ne garantisce l’omogeneità e la saldabilità con le due pareti.

«L’abbinamento dei due materiali, PE e acciaio, e la scelta del profilo strutturato conferiscono a tali manufatti ottime caratteristiche in termini di resistenza meccanica e ai carichi statici – spiega Mancone -. A questo si aggiunge quel minimo di deformabilità indispensabile per sostenere l’elevata velocità di scorrimento dell’acqua ed eventuali assestamenti del terreno».

Le tubazioni vengono posizionate all’interno di scavi di profondità variabile da 3,5 a 6 m di profondità e di 2.60 m di larghezza, il cui fondo viene rivestito con guaina in PVC per evitare che eventuali future infiltrazioni o perdite da parte delle tubazioni finiscano nel terreno, causandone il cedimento o il sifonamento.

Per velocizzare le operazioni di cantiere, con la stessa tecnologia sono realizzati anche la maggior parte dei pozzetti, con diametro di 2 m, per gestire i cambi di direzione o i salti di quota. Nei punti dove sono previste sollecitazioni idrodinamiche importanti, per via della pendenza o di cambi di direzione, i pozzetti sono invece  in calcestruzzo armato.

 

Operare in spazi limitati

Pendenze e velocità di scorrimento dell’acqua non solo le uniche criticità legate all’esecuzione dell’opera. Dal momento che il tracciato delle condotte si sviluppa al di sotto della sede stradale di un centro abitato, l’installazione delle condotte deve fare i conti con le problematiche tipiche di ogni intervento effettuato in area urbana: la presenza di sottoservizi e gli spazi molto limitati per l’esecuzione degli scavi e la movimentazione dei materiali.

Tenendo conto di questi aspetti, preliminarmente all’inizio dei lavori, in collaborazione con gli enti gestori, è stata effettuata un’accurata mappatura delle reti presenti, sulla base della documentazione fornita dalle società e di sopralluoghi e rilievi di dettaglio. È stato così possibile individuare tutte le interferenze, costituite, in particolare, da tubazioni per la distribuzione gas in media e bassa pressione, reti acquedottistiche e fognarie, linee elettriche in bassa tensione e cavidotti di illuminazione pubblica.

«Sempre in accordo con i gestori, già in fase progettuale è stato ipotizzato lo spostamento dei sottoservizi, ove possibile in via definitiva, altrimenti in via provvisoria – spiega Mancone -. Inoltre, si è provveduto ad impostare l’estradosso della tubazione ad una quota tale da consentire il riposizionamento dei servizi al di sopra di essa. Dove, invece, spostare o rimuovere le reti esistenti risulta difficoltoso o troppo oneroso, le reti presenti sono state messe in sicurezza per posare la nuova condotta al di sotto di esse».

Per limitare al massimo gli spazi di intervento, e al tempo stesso i volumi di terreno movimentato, la soluzione adottata è l’utilizzo di sistemi di blindaggio delle pareti verticali dello scavo con appositi casseri metallici armati. Una soluzione idonea anche ad evitare eventuali  detensionamenti tipici degli scavi a cielo aperto, dato il contesto geomorfologico molto delicato.

Il blindaggio avviene mediante l’utilizzo di casseri metallici armati, approvvigionati in modo da procedere con l’avanzamento dello scavo per la posa della tubazione, per conci di lunghezza massima di circa 10 m. I pannelli vengono riposizionati di volta in volta, in modo da ripartire con lo scavo del concio successivo solo dopo il rinterro e la chiusura di quello precedente, evitando così di paralizzare le attività del centro abitato.

I lavori, affidati alla società consortile Lagaro S.C.A.R.L, guidata da Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi (CMB), hanno preso il via lo scorso settembre e si concluderanno entro il prossimo mese di maggio.

 

 

 

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