Il futuro delle aziende, come erogare servizi in modo sempre più efficiente e riducendo i costi, il ruolo della finanza. Attorno a queste tre questioni si sono confrontati, ieri a Milano, quattro big del settore dei servizi di pubblica utilità: Valerio Camerano, Ad di A2A, Nicola De Sanctis, Ad di Iren, Alberto Irace, Ad Acea e Stefano Venoi, Ad di Hera. L’occasione è stato l’incontro, dal titolo “Le sfide per le imprese nel settore dei servizi pubblici”, organizzato da CERTeT – Centro di Economia regionale, dei trasporti e del turismo e dal Dipartimento di Analisi delle Politiche e Management Pubblico dell’Università Bocconi.
Gas, elettricità, idrico e rifiuti sono settori fondamentali per lo sviluppo economico e sociale delle nazioni e delle collettività locali e regionali. Anche in Italia il tema è rilevante per la competitività del Paese, soprattutto nel quadro del contenimento della spesa pubblica. Con la crisi del 2008 questi settori hanno cominciato a vivere periodi di difficoltà per il calo della domanda e per fenomeni di sovraccapacità. In tale quadro, la sfida per le aziende consiste nel servire meglio e in modo più efficiente, ovvero a costi minori, la collettività e soddisfare le esigenze emergenti in un quadro di risorse finanziarie limitate.
Come farlo, questo il punto. «In un contesto di mercato competitivo e in forte evoluzione, sia per i naturali processi del mercato sia per l’attività regolatoria, la priorità per le imprese è focalizzare e selezionare sempre più le aree di attività nella quali investire – ha spiegato De Sanctis di Iren -. Questo significa puntare su quelle aree dove l’azienda ha competenze elevate da mettere in campo. Il tutto accompagnato da un forte radicamento sul territorio, per esserne uno dei motori di sviluppo. Una strategia che Iren ha sempre perseguito, attivando e mantenendo un proficuo rapporto di collaborazione non solo con i sindaci azionisti, ma anche con le realtà presenti, dalle Università ai fornitori di beni e servizi».
Aspetti condivisi anche dall’Ad di Hera, che ha aggiunto altri due elementi: crescita e innovazione. «Fin dalla nascita Hera ha perseguito un obiettivo di sviluppo basata sia sulla crescita organica, ovvero di mercato e in termini di efficienza raggiunta nell’erogazione dei servizi, sia attraverso una serie di acquisizioni che hanno portato il gruppo ad operare in nuovi business e in nuovi territori – ha spiegato Stefano Venier -. Queste ultime, in particolare, vanno fatte con molta oculatezza, in quanto un’acquisizione sbagliata può avere effetti devastanti sul futuro di un’utility».
Alberto Irace di Acea ha invece sottolineato l’importanza dell’innovazione, sia dei propri processi interni sia nella gestione di reti e impianti. «Innovazione è la chiave, oltre che per ottenere una maggiore efficienza, anche per lo sviluppo di nuovi servizi – ha dichiarato -. Senza dimenticare che “l’intelligenza” portata dalle nostre imprese sulle infrastrutture rappresenta anche la porta di accesso alle città del futuro, le smart city, obiettivo di cui le utility costituiscono quindi il soggetto abilitante».
Sul ruolo della tecnologia si è soffermato Valerio Camerano di A2A. «Grazie allo sviluppo tecnologico si possono ottenere consistenti economi nella gestione degli asset oltre a garantire una più alta qualità e sicurezza nella fornitura dei servizi – ha spiegato -. Inoltre, rende le aziende più flessibili, qualità indispensabile in un contesto caratterizzato dalla decrescita della domanda e portare avanti programmi di innovazione che riguardino anche la fornitura di nuovi servizi, come ad esempio misure per l’efficienza energetica». «Programmi – ha avvertito – che comunque devono tener conto da un lato delle reali esigenze di utenti e cittadini e dall’altro devono anche costituire un valore economico per le aziende che li portano avanti».
Programmi, piani di sviluppo e strategia di crescita devono confrontarsi con la disponibilità di risorse economiche: è qui che viene chiamato in causa il ruolo della finanza. Su questo aspetto gli amministratori delegati concordano nell’interesse riscontrato verso il settore dei servizi da parte degli operatori finanziari. Interesse che non significa disponibilità ad aprire la borsa a prescindere. «Nonostante la situazione debitoria – ha rimarcato De Sancitsis, il mondo della finanza si è mostrato pronto e disponibile ad accompagnare i progetti di crescita delle nostre realtà, quando questi rispondono a piani industriali seri e ben sviluppati».
Un altro aspetto essenziale è stato toccato da Giovanni Vallotti, presidente di Federutility, federazione che riunisce le aziende di servizi pubblici locali che operano nei settori Energia Elettrica, Gas e Acqua, che in conclusione dell’incontro, ha espresso le sue considerazioni sul processo di integrazione delle utility fortemente caldeggiato dal Governo. «Pensare che le 1200 realtà attive nel settore si riducano nel giro di un paio di anni a 150 e che queste siano quotate in borsa appare abbastanza improbabile – ha dichiarato il presidente di Federutility -. Le integrazioni non sono tutte di per sé buone e vantaggiose e anche il percorso per arrivare alla quotazione appare al momento al di fuori della portata di molte aziende. Piuttosto è necessario pensare al futuro delle realtà di medie dimensioni che oggi gestiscono i servizi con efficienza e qualità, ottenendo anche ottimi riscontri sul piano economico. Imprese che vanno aiutate a creare processi di aggregazione differenti, ad esempio il networking, in modo da salvaguardarne l’autonomia e la capacità di lavorare con il territorio».