Sfruttare le acque reflue dei trattamenti termali per alimentare una rete di teleriscaldamento. È l’ipotesi di cui per anni si è parlato a Montegrotto Terme, comune nella provincia di Padova, noto per le cure termali. Un’ipotesi che potrebbe diventare qualcosa di più grazie al patto sottoscritto tra l’amministrazione comunale, l’Università di Padova e il Bacino idro minerario omogeneo dei Colli Euganei (Bioce), l’ente che raggruppa tutti i concessionari di acque termali, per dare il via a uno studio che punta a valutare la fattibilità pratica ed economica del progetto. L’idea è che lo sfruttamento dell’energia geotermica permetta di alimentare una rete di teleriscaldamento a bassa temperatura, le acque in uscita dalle strutture alberghiere vantano infatti temperature superiori ai 30 °C, destinata ad abitazioni ed edifici privati e pubblici, come scuole e palestre, ma con possibili applicazioni anche in ambito industriale e agricolo. Il riuso delle acque reflue dopo l’impiego terapeutico è solo uno degli elementi analizzati dalla ricerca, che include anche altri modelli di riutilizzo, come l’uso diretto dell’acqua alla testa del pozzo (questo in linea teorica, perché soggetto a vincoli legislativi), l’utilizzo di scambiatori di calore verticale a circuito chiuso (geotermia tradizionale) e l’eventuale produzione di energia elettrica. Attualmente, a livello legislativo, il Piano di utilizzazione della risorsa termale (Purt) impone che le acque possano essere usate solo a scopi terapeutici. Nel caso lo studio dimostrasse l’effettiva convenienza del progetto, quindi, sarebbe necessaria una modifica della normativa regionale.