La giunta regionale della Sicilia ha approvato un nuovo piano per la gestione dei rifiuti, da sempre problematica sull’isola. Questo prevede la costruzione di due termovalorizzatori, cioè impianti che bruciano i rifiuti producendo energia, oltre che l’ampliamento e l’efficientamento delle strutture per la raccolta differenziata.
Le criticità del territorio
Secondo l’ultimo rapporto dell’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), nel 2022 in Sicilia sono stati prodotti più di 2 milioni di tonnellate di rifiuti: di questi, oltre la metà è stata smaltita in discarica. Fino al 2021 la regione era anche l’unica in Italia con la raccolta differenziata inferiore al 50%. Nel 2022 ha superato la soglia, arrivando al 51%, ma rimane ancora molto lontana dall’obiettivo europeo del 65%. In alcune grandi città, inoltre, il dato è molto più basso: a Catania e a Palermo vengono differenziati rispettivamente il 22% e il 15% dei rifiuti. Le amministrazioni locali hanno difficoltà a incentivare la raccolta differenziata, che non sempre viene correttamente gestita per mancanza di fondi, in parte assorbiti dalla necessità di trasferire i rifiuti all’estero. Il piano prevede anche l’aumento degli impianti destinati alla differenziata: quelli di compostaggio aumenteranno da 17 a 32; quelli di biodigestione da 4 a 24.
La realizzazione dei termovalorizzatori
I due impianti, che verranno costruiti a Palermo e a Catania, saranno operativi entro il 2028 e costeranno in tutto 800 milioni di euro. Si stima che avranno una capacità complessiva di 600 mila tonnellate all’anno, in grado di produrre energia per 50 megawatt. In Sicilia si discuteva da anni della necessità di costruire uno o più termovalorizzatori, visto che finora la regione ha dovuto mandare all’estero parte dei suoi rifiuti per l’incapacità di gestirli. Ci sono però grosse proteste da parte delle opposizioni e delle associazioni ambientaliste, che non ritengono i termovalorizzatori la soluzione adeguata al problema strutturale della regione coi rifiuti e hanno già presentato diversi ricorsi.
Le motivazioni dei ricorsi
Secondo le opposizioni e le associazioni ambientaliste, i termovalorizzatori non solo non rispondono all’esigenza di una migliore raccolta rifiuti, dal momento che servono a gestire solo quelli indifferenziati, ma potrebbero rivelarsi persino dannosi, qualora la Regione dovesse prima o poi adeguarsi all’obiettivo del 65% dei rifiuti differenziati. In questo caso i termovalorizzatori finirebbero con l’avere capacità di smaltimento in eccesso, con il rischio che, per giustificare i costi di gestione, vengano utilizzati anche per bruciare rifiuti per conto di altri territori, importando emissioni. Un’altra critica riguarda la posizione dei due impianti: mentre a Catania pare che il termovalorizzatore sarà costruito nella zona industriale, a Palermo lo spazio individuato potrebbe essere quello dov’è già presente l’attuale discarica, il che contribuirebbe a un ulteriore degrado dell’area.