Lo sviluppo dell’economia circolare come chiave per ridurre la dipendenza dell’Italia dall’estero per quanto riguarda l’approvvigionamento delle materie prime critiche. È uno dei risultati cui è giunto uno studio, commissionato da Gruppo Iren e realizzato da TEHA Group, che ha analizzato il mercato delle materie prime critiche, ovvero i materiali strategici per lo sviluppo industriale e tecnologico e per la transizione energetica, come il litio, il cobalto, l’indio, il silicio e le terre rare, scarsamente disponibili. Materie prime per le quali l’Europa ha una grave dipendenza dall’estero, in particolare dalla Cina, che produce il 56% delle materie prime critiche importate nell’Unione europea.
Materiali strategici per il Paese
Lo studio traccia un percorso di sviluppo per l’Italia, dove le materie prime critiche sono già oggi un elemento fondamentale per la competitività nazionale contribuendo a 690 miliardi di euro di produzione industriale, pari al 32% del nostro Pil, che corrisponde alla più alta incidenza sul prodotto interno lordo rispetto agli altri Paesi. Un dato, questo, che è il risultato di una crescita del 51% del contributo delle materie prime critiche alla produzione industriale in Italia negli ultimi 5 anni. Nella roadmap tracciata dal report, cruciale per il percorso di sviluppo sulle materie prime critiche risulta la corretta valorizzazione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), rispetto alle quali l’Europa rappresenta il continente che ne genera il maggior quantitativo pro capite, circa 16,2 kg.
Le quattro strategie operative
Più nello specifico, sono quattro le strategie operative individuate per incrementare e sostenere la competitività industriale del Paese in questo ambito:
- l’esplorazione mineraria: con la formulazione di un nuovo piano di esplorazione mineraria, che risponda a una visione integrata a livello nazionale e regionale e includa una strategia di consolidamento delle competenze minerarie e il rilascio dei titoli minerari;
- le partnership con i Paesi africani: identificando linee di finanziamento ad hoc del Fondo del Made in Italy e valorizzando i fondi a disposizione nel quadro del piano Mattei per promuovere partnership paritetiche che favoriscano lo sviluppo industriale dei Paesi africani nell’estrazione e lavorazione delle materie prime critiche;
- la raffinazione e trattamento: con l’individuazione delle aree strategiche di specializzazione per l’Italia nella fase di processing delle materie prime critiche, unita alla promozione di meccanismi di coordinamento a livello dell’Ue per ridurre la frammentazione;
- il recupero dei materiali e utilizzo delle materie prime seconde nelle produzioni industriali.
Il ruolo dell’economia circolare
Quest’ultima, ovvero lo sviluppo dell’economia circolare e dei processi di urban mining, rappresenta secondo lo studio la soluzione a breve più efficace. Per contribuire a questo obiettivo, una leva strategica sarà la crescita dei volumi di Raee raccolti, il cui 70% non viene gestito correttamente per la scarsa presenza di centri di raccolta fruibili e la ridotta consapevolezza dei cittadini. Altro propulsore di sviluppo per l’economia circolare è l’utilizzo delle materie prime seconde nelle produzioni industriali, la cui mancata valorizzazione comporta per il nostro Paese una perdita annua di oltre 1,6 miliardi di euro di materie prime critiche per l’industria nazionale, con un valore di export delle materie prime seconde che è cresciuto del 75% tra il 2018 e il 2022 a fronte di un aumento limitato dei volumi importati (+13%).
Investire sugli impianti
Fondamentale per invertire la marcia è investire sulla capacità impiantistica e la realizzazione di nuovi impianti per il recupero e il trattamento, dato che ad oggi il 90% delle componenti dei Raee dai quali estrarre materie prime critiche viene esportato. In Italia, infatti, gli impianti accreditati per il recupero e trattamento dei Raee non sono adeguati alla gestione dei volumi prodotti, considerando che solo 47 impianti su 1.071, pari al 4,3% del totale, sono accreditati.
Iren in prima linea
In quest’ambito, Iren si pone come apripista di un percorso di sviluppo nazionale, che la multiutility ha avviato con la creazione della piattaforma RigeneRare, presentata al Parlamento la scorsa estate. Cammino che prosegue con la prossima inaugurazione dell’innovativo impianto in Valdarno, il primo in Italia per il trattamento dei Raee diretto al recupero di metalli preziosi con processo idrometallurgico e una capacità di trattamento di oltre 300 tonnellate di schede elettroniche all’anno.
«Dallo sviluppo delle materie prime critiche dipende il 32% del Pil italiano, oltre la competitività industriale e la sicurezza strategica nazionale – ha dichiarato Luca Dal Fabbro, presidente di Iren –. La strada più efficace da seguire è quella dello sviluppo dell’economia circolare: attraverso l’incremento dei volumi di Raee raccolti, incentivare l’utilizzo delle materie prime seconde nelle produzioni industriali attraverso la definizione di criteri end-of-waste e di schemi incentivanti per l’utilizzo di materiali riciclati. Iren è in prima linea per l’affermazione di un nuovo paradigma di sostenibilità e indipendenza che può disegnare per l’Italia un ruolo di rafforzata competitività».
1,2 miliardi per ridurre la dipendenza dall’estero
Il ruolo decisivo che lo sviluppo dell’economia circolare per ridurre la dipendenza italiana è stato sottolineato da Valerio De Molli, managing partner & ceo di The European House – Ambrosetti e TEHA Group. «Nei prossimi anni, lo sviluppo di filiere domestiche per la transizione energetica aumenterà il fabbisogno italiano di materie prime grezze del 320%, evidenziando la necessità per l’Italia di valorizzare fin da subito il potenziale contributo dell’economia circolare – ha commentato De Molli –. Con 1,2 miliardi di euro di investimenti, l’Italia potrebbe infatti ridurre la dipendenza dall’estero per le materie prime critiche di quasi un terzo e valorizzare quasi 6 miliardi di euro di materie prime seconde al 2040».