L’acqua è una risorsa preziosa da salvaguardare. Purtroppo, però, le infrastrutture idriche della Penisola non sempre e non tutte assolvono a tale fondamentale compito, rivelandosi una delle principali fonti di sprechi. Un’ulteriore conferma di tale situazione arriva dall’ultimo rapporto dell’Istat sui cambiamenti climatici, che dedica al tema delle perdite idriche un capitolo. Le rilevazioni dell’istituto nazionale di statistico fanno riferimento alle performance delle reti di distribuzione dei capoluoghi di provincia e di città metropolitana nel 2020, fotografando una situazione preoccupante, sebbene in leggero miglioramento rispetto a quella registrata nello studio relativo al 2018.
Perdite di distribuzione oltre il 36%
Segnala infatti il report che nelle reti di distribuzione di questi comuni, viene convogliata circa il 33% dell’acqua complessivamente movimentata in Italia. Ma a fronte dei 2,4 miliardi di metri cubi di acqua, pari a 370 litri per abitante al giorno, agli utenti finali ne sono stati erogati soltanto 1,5 miliardi di metri cubi, 236 l per abitante al giorno, per gli usi autorizzati (fatturati o ad uso gratuito). La perdita è ingente, pari a circa 900 milioni di metri cubi, equivalenti al 36,2% dell’acqua immessa in rete. Unico elemento di consolazione, il piccolo miglioramento rispetto a due anni prima, quando le perdite ammontavano al 37,3% del totale immesso.
Più nel dettaglio, le perdite giornaliere ammontano a 2,4 milioni di metri cubi, pari a 41 metri cubi per chilometro di rete, anche qui con un piccolo miglioramento sul 2018, quando i litri persi per chilometro erano 44, comunque un volume di risorsa sprecata in grado di soddisfare le esigenze idriche di circa 10 milioni di persone.
I maggiori sprechi al Sud e nelle Isole
Lo studio Istat conferma un altro fenomeno che caratterizza il nostro Paese: il netto divario di performance tra Nord e Sud. Il livello di perdite non è infatti uniforme lungo tutto la Penisola, con le maggiori criticità che si manifestano nel Mezzogiorno, dove in più di un capoluogo su tre si registrano dispersioni superiori al 45%. I livelli di perdite presentano il minimo nei capoluoghi del Nord-ovest, dove sono pari al 23,5%, per poi aumentare al Nord-est, 32,8%, e al Centro 37,3%, e balzare in alto al Sud, dove arrivano al 43,6%. Ancora peggiore la situazione delle Isole, dove il volume di perdite supera la metà del totale di acqua immessa nelle reti di distribuzione toccando il livello record del 52,2%.
Lo studio evidenzia, poi, che in nove comuni si registrano perdite totali lineari superiori ai 100 metri cubi giornalieri per chilometro di rete. Altro dato da sottolineare è che le perdite totali percentuali sono più basse tra i 14 capoluoghi di città metropolitana, dove sono pari al 32,9% a fronte del 40,2% registrato negli altri capoluoghi, mentre quelle lineari sono più alte: 61 mc/km/gg contro 32.
Acqua razionata in 11 città
A tutto ciò si aggiungono poi i problemi di qualità della risorsa idrica e gli episodi di riduzione della portata delle fonti di approvvigionamento. Per fronteggiare tali problematiche 11 capoluoghi hanno adottato misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua agli utenti nel corso 2020, attraverso la riduzione o sospensione dell’erogazione.
Le misure di razionamento sono state adottate solo nel Sud. Questi hanno interessato i capoluoghi della Sicilia, a esclusione di Messina e Siracusa, due della Calabria, ovvero Reggio Calabria e Cosenza, uno in Abruzzo, si tratta di Pescara, e uno in Campania, cioè Avellino. Nel 2018 le città che avevano ridotto o sospeso l’erogazione erano state 9.