Patrizio Pisani – R&D Manager Unidata S.p.A.
I concetti importanti, ancora attualissimi, sono:
Nonostante le cifre pubblicizzate e le analisi di mercato, la storia della “nuova era IoT” è appena cominciata. Facendo un paragone con la storia di “internet” si potrebbe dire che il livello attuale dell’IoT corrisponde a quello che avevamo per “Internet” alla fine degli anni ‘90: alta enfatizzazione in un contesto “ignaro” di quello che sarebbe veramente successo nei venti anni successivi.
Vorrei provare ad applicare i concetti precedenti alle reti IoT geografiche, le cosiddette “Low Power Wide Area”, quelle di interesse per il mercato dei gestori idrici. Sono nate all’incirca dal 2015 per poter connettere “oggetti” collocati ovunque, che consumassero così poco da poter mandare dati per decenni anche se alimentati con piccole batterie, e che costassero poco per poter essere utilizzati in applicazioni che prevedono l’installazione di milioni di dispositivi.
La scelta di Unidata cadde sulla tecnologia LoraWAN®. Vorrei spiegarvi perché, secondo noi, risponde alle sfide dell’IoT evidenziate dall’articolo di IBM in un’ottica di “infrastruttura di rete”.
Una rete pensata per connettere gli oggetti non può seguire le stesse logiche di una tradizionale rete TLC mobile pensata per connettere le persone, soprattutto se pensiamo al mercato idrico:
In sostanza l’architettura di una rete tradizionale è chiusa e rigida, e segue logiche di business diverse rispetto all’IoT applicato alle reti idriche.
LoraWAN® al contrario permette di creare, dinamicamente, reti aperte e collaborative. Una rete LoraWAN® è tipicamente strutturata a tre livelli:
LoraWAN® permette di creare schemi ibridi di reti federate tra reti pubbliche (di operatori come Unidata, di comuni o di gestori idrici), reti private, reti di communities. Una rete LoraWAN® è una rete “viva” che può evolvere dinamicamente con business model innovativi e sostenibili per raggiungere velocemente sempre più oggetti.
In Unidata fin dal 2018 abbiamo cominciato dei trials LoraWAN® per il mondo idrico di alcune migliaia di dispositivi in aree tipicamente “a perdita di mercato” (piccoli comuni in aree montuose).
L’esperienza ci ha confermato quello che le simulazioni radio ci dicevano: una rete primaria che sfrutta le torri TLC, fatta con una qualsiasi delle tecnologie LPWA disponibili, tipicamente raggiunge tra il 70% e l’80% dei dispositivi. Il problema è raggiungere i rimanenti.
Qui entra in gioco l’aspetto innovativo dei business model: un approccio collaborativo tra operatore, gestore idrico e comuni (soprattutto per il secondo e terzo livello di densificazione) permette di aggiungere percentuali importanti di raggiungibilità a costi sostenibili. In uno dei casi d’uso veri, avvenuto nel nord Italia aggiungendo un GW LoraWAN® indoor da poche decine di euro vicino ad una finestra di un ufficio comunale, abbiamo connesso 40 contatori non raggiunti dalla rete primaria.
Anche se ci fosse una rigidità da parte del committente nel collaborare possiamo estendere l’approccio “federato” e collaborativo coinvolgendo altri attori del territorio in un ambito di business sharing.
Quello che è stato detto fino ad ora è ancora più sfidante se lo caliamo nella realtà territoriale italiana. Non è solo un problema di orografia (alpi, appennini e colline). Dalle analisi ISTAT emerge che il 94% della popolazione italiana è distribuita su più di 60000 aree abitate di cui solo 20000 sono “centri abitati”. In alcune regioni solo l’80% delle persone vive in centri abitati. Dato che l’obiettivo del gestore idrico che adotta queste nuove tecnologie è avere una lettura massiva e frequente di tutti i dispositivi utenti per poter fare evolvere la rete verso la “smart grid” idrica del futuro, e visto che si sta parlando di un servizio primario che deve essere garantito con la stessa qualità ovunque a chiunque, l’unica strada percorribile insieme è affrontare la sfida con mente aperta e disponibilità a collaborare.
Questa è la galleria 1.
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