Il solare termico nelle reti di teleriscaldamento

Le condizioni al contorno per gli operatori del teleriscaldamento si stanno modificando rapidamente: il contesto legislativo vede la modifica degli strumenti di incentivazione esistenti per le fonti rinnovabili, l’introduzione di meccanismi di incentivazione nuovi, l’interesse da parte del legislatore per eventuali regolamentazioni del settore. Anche il contesto energetico è in rapida mutazione, per il recepimento delle sempre più numerose direttive europee in materia di risparmio energetico ed utilizzo di fonti rinnovabili e per le forti modificazioni che sta attraversando il mercato dell’energia elettrica.
Le energie rinnovabili paiono quindi destinate ad una penetrazione crescente anche nelle reti termiche, come avviene ormai da tempo in quelle elettriche. Tra le tecnologie potenzialmente idonee a questo tipo di utilizzo il solare termico sta riscuotendo forte interesse, sulla scia delle ormai numerose esperienze danesi, svedesi, tedesche e canadesi.
Il tema del teleriscaldamento solare è fra l’altro oggetto del progetto europeo Solar District Heating Plus, che elabora e mette a disposizione utili documenti di tipo tecnico, informativo e divulgativo. Il progetto è co-finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Intelligent Energy Europe.

La tecnologia solare termica
Parlare di teleriscaldamento solare non può prescindere da un’introduzione sulla tecnologia solare termica, che proprio in Italia ha conosciuto un primo, importante sviluppo negli anni ’80, a cui è seguita una battuta d’arresto brusca quanto lunga negli anni ’90 e inizio 2000. Oggi il mercato del solare termico è relativamente sviluppato, con circa 330.000 m2 di collettori installati in Italia nel 2013, che piazzano il nostro Paese al secondo posto nella classifica europea. La crisi è comunque evidente, se si considera che nel 2008 il mercato era di oltre 500.000 m2. Le installazioni sono in prevalenza nel settore residenziale di piccole dimensioni e non esistono, ad oggi, impianti collegati a reti di teleriscaldamento.
Le tecnologie di captazione solare più diffuse sono quelle dei collettori piani vetrati e a tubi sottovuoto. Possono produrre calore fino a 80-90 °C ad efficienze ragionevoli e vengono solitamente applicate al riscaldamento di acqua sanitaria e degli ambienti. Per le piscine scoperte e per gli stabilimenti balneari vengono spesso impiegati collettori non vetrati in plastica o gomma, che a fronte di costi molto contenuti possono raggiungere temperature molto inferiori e solo in condizioni ambientali estive; non sono adatti all’accoppiamento alle reti di teleriscaldamento. Sulla scorta del successo degli impianti solari termodinamici per la produzione di energia elettrica si fanno strada collettori a concentrazione per calore a media temperatura (150-250 °C), che bene si sposano con reti a temperature relativamente elevate quali quelle italiane, ma che operano in modo soddisfacente in climi caldi, dove l’irraggiamento solare diretto è elevato. Le condizioni di insolazione del Nord Italia, dove sono diffuse le reti di teleriscaldamento, sono al limite della fattibilità e vanno valutate caso per caso.
Guardando all’Europa si nota come in alcuni paesi il “solar district heating” stia letteralmente esplodendo. In Danimarca sono quasi 40 gli impianti esistenti tra i 1.000 e i 33.000 m2, per una superficie complessiva di 335.000 m2. Altri trenta impianti sono in progetto.

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Campo collettori dell’impianto di Braedstrup (Danimarca)

 

Le problematiche tecniche
L’immissione di calore solare all’interno delle reti di teleriscaldamento richiede una serie di accorgimenti, che sono in parte confrontabili, con le dovute cautele, con il tema dell’immissione di energia elettrica da fonti rinnovabili nelle reti elettriche.
È innanzitutto necessaria una particolare attenzione ai livelli di temperatura: con le tecnologie convenzionali di captazione dell’energia solare le temperature raggiungibili con elevate efficienze sono nell’ordine dei 70-80 °C, e fino a circa 90 °C se si accetta una certa diminuzione di efficienza e di frequenza annua. Simili temperature non sono però sempre compatibili con quelle operative delle reti, tanto più in Italia, dove queste ultime vengono spesso operate tra i 90 °C e i 110 °C in mandata. Le strade percorribili sono diverse: sfruttare i collettori solo in estate, quando le temperature della rete vengono spesso ridotte, consente di ottenere le temperature desiderate in mandata relativamente di frequente, ma riduce lo sfruttamento dell’impianto solare e, di conseguenza, la bontà dell’investimento. Un’altra via è quella di integrare il solare termico sul ritorno della rete, dove le temperature sono inferiori. Si tratta della via probabilmente migliore per l’impianto solare, ma vanno fatti i conti con le tecnologie di generazione del calore, che spesso sono abbinate alla produzione di energia elettrica (turbine a gas, motori alternativi, inceneritori). In questi casi l’innalzamento della temperatura di ritorno può disturbare il funzionamento ottimale di queste macchine e vanno quindi individuate configurazioni diverse. È evidente quindi che l’integrazione del solare è più semplice nelle reti operate a bassa temperatura, a circa 70 °C di mandata e 40-45 °C di ritorno, grazie alla presenza di impianti di riscaldamento a bassa temperatura negli edifici allacciati. Tali reti sono già sviluppate in alcuni paesi del centro e nord Europa, ma non ancora comuni in Italia.
Anche il tema degli accumuli è centrale nel teleriscaldamento solare, sia perché tipicamente gli impianti solari li richiedono (a maggior ragione quando l’immissione diretta del calore in rete può disturbare i sistemi cogenerativi), sia perché l’accumulo sta diventando cruciale con la mutazione del mercato dell’energia elettrica. Gli operatori di sistemi cogenerativi sempre più spesso installano grandi sistemi di accumulo, che permettono loro di produrre energia elettrica in misura maggiore quando le condizioni di mercato lo suggeriscono, a prescindere dal contestuale utilizzo dell’energia termica cogenerata. Al limite si può ricorrere ad accumuli di tipo stagionale, come accade in Germania e in Danimarca, che raccolgono calore (da solare termico e/o da altre fonti) in estate, per renderlo disponibile nella stagione di riscaldamento.
Date le potenze relativamente elevate in gioco il solar district heating richiede ampie aree di collettori, per le quali è necessario trovare idonee superfici. In Danimarca, anche in virtù dei costi contenuti, si utilizzano normalmente terreni di proprietà delle aziende operatrici, oppure direttamente adiacenti. La realizzazione di impianti a terra comporta fra l’altro costi di installazione dei collettori relativamente bassi. In Germania è invece frequente la posa dei collettori sulle coperture degli edifici allacciati alla rete, con conseguente aumento della complessità e dei costi d’impianto.

La situazione in Europa e nel mondo
Gli impianti di teleriscaldamento solare rappresentano una soluzione recente e in rapida crescita nel mondo, perché concorrono a rendere più efficienti le reti, come richiesto in maniera sempre più forte dai governi e dalla Commissione Europea in particolare (si pensi alla recente direttiva Direttiva 2012/27/UE); migliorando l’efficienza delle reti migliora la classe energetica degli edifici ad esse collegati; in condizioni favorevoli gli impianti solari risultano economicamente vantaggiosi; conferiscono inoltre un carattere di compatibilità ambientale alle reti di teleriscaldamento; possono coprire i carichi di base estivi in periodi in cui azionare i dispositivi cogenerativi non è conveniente economicamente. Va infine sottolineato che il costo delle fonti fossili è caratterizzato da incertezze crescenti, anche nella sua componente fiscale. Il solare termico, invece, è in grado di fornire calore pulito ad un prezzo costante e non tassabile per almeno 20 anni.
Da un’analisi degli impianti esistenti in Europa pubblicata sul sito www.solar-district-heating.eu emerge che sono oltre 110 gli impianti di superficie maggiore di 1.000 m2. Non tutti sono collegati a reti di teleriscaldamento, ma è legittimo concludere che la maggior parte lo sia. La Danimarca è al primo posto con 40 realizzazioni, seguita dalla Svezia con 21 e, a distanza, da Germania e Austria con 13 impianti ciascuna.
Il Canada ha recentemente cavalcato le cronache di settore con la “Drake Landing Solar Community” (www.dlsc.ca) in Alberta, dove un piccolo agglomerato di 52 case monofamiliari copre oltre il 90% del proprio fabbisogno termico per riscaldamento ambienti tramite un impianto solare termico da 2.300 m2, collegato ad un serbatoio di accumulo stagionale nel terreno.
In Italia ancora non esistono impianti di solar district heating, ma l’interesse da parte delle aziende che operano reti di teleriscaldamento è elevato ed è probabile che i primi impianti vengano realizzati nel corso dei prossimi due anni.

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Costruzione dell’accumulo di calore stagionale a Marstal (Danimarca)

Casi studio
Nell’ambito del progetto europeo Solar District Heating Plus il Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano sta realizzando studi di fattibilità per alcune aziende del teleriscaldamento interessate a possibili investimenti in questa direzione.

Integrazione di impianti solari in reti esistenti
Tre studi riguardano l’integrazione di campi solari in reti esistenti, di lunghezza compresa tra i 20 e i 25 km ciascuna e con quantità di calore venduto variabili tra i 40 e i 50 GWh annui.
In due casi sono stati ipotizzati campi collettori da 1.000 m2 che riscaldano il ritorno della rete, innalzandone la temperatura. Dove il calore viene prodotto prevalentemente tramite cogeneratori si preferisce limitare tale innalzamento di temperatura ricorrendo ad un serbatoio (già esistente) che immagazzina il calore solare e lo rende disponibile quando il cogeneratore è spento. Dove, invece, il calore viene fornito in prevalenza tramite caldaie, l’innalzamento di temperatura non crea problemi e l’energia può essere fornita sempre in modo diretto. Impianti solari di queste dimensioni, relativamente piccole, coprono percentuali molto basse del fabbisogno annuo (comprese tra 1 e 3 %), ma possono, soprattutto in estate, coprire l’intero fabbisogno istantaneo in alcune ore del giorno. Ciò richiede quindi un’analisi dettagliata dell’integrazione del solare nella rete.
Il terzo caso si differenzia da quelli precedenti, prevedendo numerosi impianti di piccola taglia (40-200 m2) installati direttamente su singoli edifici dislocati lungo rami periferici della rete, che ne coprirebbero quasi integralmente il fabbisogno estivo, permettendo di spegnere i tratti di rete a cui sono allacciati. Il teleriscaldamento opererebbe così da fonte ausiliaria nei mesi estivi e le perdite termiche, particolarmente elevate in percentuale in tale periodo, si ridurrebbero drasticamente.

Integrazione di impianti solari in reti di nuova realizzazione
Un caso studio, di più ampio respiro, riguarda l’integrazione di campi solari di grandissime dimensioni (anche oltre 10.000 m2) in una rete ancora da realizzarsi, per servire un quartiere di nuova costruzione. Il nodo da sciogliere, in questo caso, non è tanto di tipo tecnico, quanto di tipo normativo: l’azienda si pone infatti il problema di come rispondere, quando il progetto dovesse essere realizzato, agli obblighi rinnovabili e di efficienza energetica vigenti a quella data. Partendo quindi dalla direttiva 2012/27/UE sono stati elaborati diversi scenari che comprendono impianti solari termici e altre tecnologie in grado di soddisfare gli obblighi imposti dall’Europa.

L’aspetto economico
Il tema economico viene considerato negli studi e parte da alcune considerazioni di base:
• il costo specifico degli impianti solari termici scende bruscamente all’aumentare delle dimensioni del campo solare. Un impianto da 1.000 m2 può arrivare a costare anche meno di 300 € per ciascun metro quadrato di collettore, mentre un impianto di piccola taglia costa dai 700 ai 1.300 €.
• L’incentivo Conto Energia Termico (CET) prevede un contributo fisso per ciascun metro quadrato di pannello, fino ad un massimo di 1.000 m2 (superficie lorda).
• Per superfici maggiori di 1.000 m2 è possibile sfruttare i titoli di efficienza energetica, che sono però assai meno vantaggiosi del contributo del CET.
I risultati dei calcoli economici, in parte ancora in corso, mostrano che impianti solari da 1.000 m2 collegati a reti di teleriscaldamento possono rientrare anche in tempi relativamente brevi (pay back semplici intorno ai 4-6 anni). I calcoli attualizzati devono naturalmente tenere conto della complessa stima dell’andamento dei prezzi dell’energia nei prossimi 20 anni e risultano pertanto di difficile valutazione.

I modelli di business
A seconda del tipo di integrazione scelta, la gestione del calore solare richiede modelli di business differenti. È questo un tema complesso e molto ampio, che a livello europeo è stato affrontato da tutte quelle aziende che hanno già realizzato simili impianti. Si riporta a titolo di esempio il modello del gestore tedesco E.ON: gli utenti allacciati alla rete che desiderino installare un impianto solare termico sulle proprie case possono “affittare” spazio di accumulo nella rete di teleriscaldamento di proprietà dell’azienda e prelevarlo quando serve, tipicamente in inverno. Ciò consente agli utenti di realizzare impianti solari termici dislocati sugli edifici senza accumulo, risparmiando così sui costi di investimento e sulla complicazione tecnica dell’impianto.

Di Marco Calderoni

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