Le tecnologie no-dig, per il relining di condotte, rappresentano la soluzione vincente negli interventi sui sottoservizi che presentano particolari complessità. Complessità in molti casi dipendenti dal contesto nel quale si è chiamati a intervenire, soprattutto quando si parla di aree urbane, e ulteriormente accentuate da particolari caratteristiche del tratto di infrastruttura oggetto dei lavori, per esempio se il tratto da risanare è molto esteso e per di più costituito da condotte di diametri importanti.
In tali situazioni l’esecuzione dei lavori con la tradizionale tecnica dello scavo a cielo aperto risulterebbe infatti estremamente lunga, laboriosa e costosa, arrecando inoltre enormi disagi alla popolazione.
In questa casistica si inscrive l’intervento, in via di conclusione, di MM S.p.A., la società che gestisce il servizio idrico a Milano, per il relining di una porzione di rete idrica dell’estensione di ben 1,6 chilometri situata nella periferia Ovest della città e costituita da tubazioni in acciaio del diametro di 1200 mm, il maggiore presente sull’infrastruttura cittadina.
Il tratto oggetto dei lavori è infatti parte di una delle principali adduttrici della rete di Milano, che dalla centrale Assiano si sviluppa per 10 chilometri, trasportando l’acqua captata nelle aree periferiche fino al centro città.
Intervento finalizzato a eliminare le perdite di rete su questa porzione di condotta e che rientra in una più generale e articolata campagna di riduzione delle dispersioni che la società sta portando avanti.
«Pur partendo da una situazione molto virtuosa, in quanto il livello di perdite sull’infrastruttura si attesta intorno al 15% della risorsa immessa, stiamo procedendo con un programma di opere per rendere la rete ancora più efficiente, anche perché la regolazione della qualità tecnica del servizio idrico integrato introdotta dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) chiede non solo di mantenere tale basso livello di perdite in percentuale, ma anche di ridurre le perdite lineari, ovvero le perdite per chilometro – spiega Andrea Aliscioni, direttore della Divisione servizio idrico di MM Spa -. Per raggiungere questo obiettivo abbiamo messo a punto un piano di interventi che prevede la sostituzione o il recupero di 11 chilometri di condotte all’anno, dove, insieme alle tradizionali metodologie di lavoro, facciamo grande ricorso alle tecnologie no dig, che proprio la nostra azienda è stata tra le prime in Italia a utilizzare in modo massivo».
La campagna massiva di ricerca perdite
Tale piano di interventi annuali è stato definito attraverso una imponente campagna di ricerca perdite che ha coinvolto tutte le principali condutture di distribuzione e di adduzione dell’acqua potabile di Milano.
Campagna dove le attività di asset management, ovvero l’analisi della frequenza e gravità delle rotture, il failure index, costantemente aggiornato da MM S.p.A., che hanno permesso di individuare le porzioni di rete alle quali prestare maggiore attenzione, è stata integrata da una ricerca sul campo condotta con tecnologie innovative, in modo da individuare quelle sulle quali intervenire prioritariamente.
Nello specifico su questa condotta la ricerca è stata effettuata con la tecnologia SmartBall.
«Si tratta di una soluzione pensata per i grandi diametri in pressione e che per primi abbiamo utilizzato in Italia. È costituita da una sfera metallica dotata di sofisticati componenti tecnologici, tra i quali una sorgente di alimentazione, un sensore acustico, un trasmettitore di ultrasuoni Gps e un sensore di temperatura, che percorre la condotta, sfruttando il flusso idraulico, per registrare i segnali acustici identificabili come perdite idriche – spiega Aliscioni -. Uno strumento che, oltre a permettere di rilevare e localizzare con precisione anche perdite di piccole entità, consente di effettuare la ricerca senza dover interrompere il servizio e che abbiamo utilizzato per verificare l’intera adduttrice».
Giovanni Ferrante
La campagna di ricerca perdite, insieme alle verifiche successive, ha consentito di evidenziare le problematiche presenti sull’adduttrice e che interessano in particolare la sua parte in acciaio.
«In uscita dalla centrale la condotta è costituita da tubazioni in ghisa che non presentano criticità, in quanto si trovano in un perfetto stato di conservazione – spiega Giovanni Ferrante, direttore lavori Divisione Servizio Idrico di MM S.p.A. -. Diversamente, la parte in acciaio subito a valle delle condotte in ghisa presentava delle piccole perdite legate a fenomeni di corrosione localizzata del materiale che nel tempo avrebbero potuto aggravarsi, portando quindi a una perdita della portata originaria. Per cui si è deciso di intervenire risanandola per un tratto che nel complesso si estende per 2,6 chilometri: quello appunto oggetto dei lavori appena completati, della lunghezza di 1,6 chilometri, che va a collegarsi direttamente a valle a un tratto dell’estensione di un chilometro risanato qualche anno fa».
La scelta del no dig
Date le dimensioni della condotta e la sua estensione, i progettisti di MM S.p.A. hanno optato per un intervento di relining semistrutturale da realizzare con la tecnica del relining, nello specifico la tecnologia C.I.P.P. (Cured in place pipe, rivestimento polimerizzato in sito), che consiste nell’inserimento, all’interno del tubo da risanare, di un tubolare che consente di ripristinare la piena funzionalità statica e idraulica del tubo ospite.
Procedere a una tradizionale sostituzione delle tubazioni con il classico scavo a cielo aperto avrebbe comportato tempi di esecuzione dell’intervento estremamente lunghi, con notevoli disagi a diversi quartieri della città e costi altrettanto notevoli.
«Tutte criticità che abbiamo praticamente azzerato grazie all’impiego di questa tecnologia no dig – prosegue Ferrante -. Questa, infatti, ha permesso di eliminare tutte le perdite conservando la vecchia condotta, che garantiva ancora una buona resistenza, in quanto la corrosione non ne aveva ridotto lo spessore della parete. Resistenza sia statica sia alla pressione interna che è stata ulteriormente potenziata grazie all’azione collaborante tra il liner e il tubo ospite».
Accordo quadro: uno strumento fondamentale
I lavori vengono eseguiti nell’ambito di un accordo quadro del 2018 che si è aggiudicato l’impresa Monaco, tra le maggiori realtà specializzate nella realizzazione di grandi opere, tra le quali la costruzione di opere idrauliche, strade, viadotti, gallerie, opere fluviali e marittime e la realizzazione e manutenzione di reti idriche.
«Una formula quella dell’accordo quadro che si sta rivelando molto efficace per portare avanti tali opere, perché consente di individuare attraverso una gara unica l’affidatario di una serie di lavori che saranno poi oggetto dei vari contratti applicativi – commenta Aliscioni -. In questo modo si vanno a ridurre sensibilmente i tempi di realizzazione degli interventi, in quanto per ognuno di essi non occorre procedere con una singola gara, eliminando così una delle fasi più lunghe e complesse legate ai lavori. Uno strumento sul quale stiamo puntando molto: negli ultimi due anni ne abbiamo effettuati tre, suddivisi per tipologie di opere, come lavori di relining e recupero, sostituzioni di condotte, estensioni di rete, che interessano sia l’infrastruttura acquedottistica sia quella fognaria. Stiamo preparando i bandi per altre gare con la medesima formula, mentre è già in fase di aggiudicazione un nuovo accordo per il periodo 2020-2022 per il relining di acquedotto e fognatura del valore di 15 milioni di euro».
Grandi competenze in campo
A eseguire il relining è la Danphix S.p.A., società di Reggio Emilia e tra le principali realtà specializzate nella riabilitazione trenchless di condotte interrate, scelta da Monaco in virtù delle sue grandi competenze in questo campo. Non a caso, il profondo know how e la grande esperienza dei tecnici Danphix si è rivelata decisiva per il successo dell’opera, non solo per quanto riguarda la sua perfetta esecuzione, ma anche per l’importante contributo dato per la riduzione delle tempistiche di realizzazione.
Arnold Cekodhima – CEO Danphix S.p.A.
I tecnici dell’azienda hanno infatti optato per il sistema di polimerizzazione ad acqua calda della resina, che consente di effettuare singole installazioni di liner di maggior estensione, rispetto al sistema di polimerizzazione a vapore.
Questo ha permesso in corso d’opera una drastica riduzione dello stesso numero di inserimenti, passati dai 12 previsti dal progetto a 8, una riduzione di ben il 30%, con lunghezze dei singoli tratti riabilitati variabili da circa 150 m, il più corto, ad addirittura oltre 265 m (con svariate curve a 45°), quello più lungo.
Per la prima volta, inoltre, su condotte di questa dimensione e pressione di esercizio, sono state oggetto di riabilitazione anche tutte le curve presenti nel tracciato.
La scelta di non sostituirle ma bensì riabilitarle ha consentito dunque di diminuire il numero delle aree cantierizzate e quindi, di velocizzare i lavori abbattendo ulteriormente l’impatto ambientale.
Il relining
Prima del relining la condotta è stata sottoposta a idropulizia ad altissima pressione (fino a 2500 bar), in modo da eliminarne eventuali incrostazioni e renderla perfettamente pulita, condizioni indispensabili per garantire l’ottimale adesione del liner alla parete interna della tubazione.
Successivamente è stata eseguita una videoispezione della condotta, per rilevare le esatte misure dei vari tratti da riabilitare. A questo punto le maestranze di Danphix hanno proceduto con l’ingegnerizzazione dell’intervento di relining nelle 8 tratte nelle quali è stata suddivisa l’opera. Un’operazione laboriosa e delicata che si è svolta in diverse fasi.
Il liner, costituito da una guaina in fibra di vetro a strati sovrapposti incrociati dello spessore di circa 12 mm, è stato impregnato direttamente in cantiere con resina termoindurente, nello specifico una resina epossidica bicomponente, avvalendosi dell’ausilio di speciali pompe del vuoto in modo da rimuovere l’aria presente all’interno del liner asciutto e quindi avere un’impregnazione dello stesso sottovuoto.
Questa fase è molto delicata in quanto la presenza o meno di aria durante la fase di impregnazione determina le caratteristiche meccaniche del composito finale. Non appena uscito dalla fase di impregnazione, il liner è stato inserito all’interno della condotta in maniera sequenziale con la tecnica di inversione ad acqua.
In pratica, il liner è stato issato sulla struttura di inversione, dell’altezza di 4 m, e da qui introdotto nella tubazione, posata a 4 m di profondità, nella quale avanza grazie alla pressione esercitata dalla colonna di acqua, fase che ha richiesto circa 12 ore di lavoro.
Poiché il sottosuolo di Milano è ricco di acqua, per evitare risalite dalla falda e l’ingresso di acqua nella tubazione, sono stati utilizzati palloni otturatori e delle pompe di aspirazione, in modo da tenere le aree di lavoro sempre ben asciutte e pulite.
Dopo che il liner ha raggiunto l’estremità opposta, strutturato il battente di acqua al fine di garantire la perfetta adesione alle pareti della condotta, è stato avviato il processo di reticolazione della resina, con acqua a una temperatura di 85 °C, processo durato circa 12 ore.
A riscaldare l’acqua usata per l’installazione del liner, una caldaia dalla potenza di 3,5 Megawatt.
Al termine delle operazioni, per ogni tratto vengono eseguite le prove di collaudo per verificare la tenuta della condotta con acqua in pressione a 10 bar, su una pressione di esercizio di circa 6 bar.
Prove ancora da completare, ma che per le tratte sulle quali sono state già eseguite si sono concluse tutte con esito positivo, a conferma della perfetta esecuzione degli interventi.Così come restano da completare i collegamenti dei tronchetti da saldare per la chiusura della condotta.
«Si è trattato di un’opera premiante sotto tutti i punti di vista, grazie all’elevata professionalità delle maestranze in campo e alla accorta progettazione di ogni singolo intervento – conclude Ferrante -. Abbiamo ottenuto il perfetto ripristino strutturale e idraulico della condotta, limitando davvero al minimo i disagi alla popolazione, in quanto ogni inserimento è stato eseguito in area verde, in modo da non occupare con macchine e attrezzature la sede stradale. Il tutto in tempi molto brevi, considerando che l’intervento ha preso il via la scorsa estate. Un’opera premiante anche sotto il profilo ambientale, in quanto si è evitato di danneggiare le essenze arboree presenti nelle aree a parco, e i pochissimi alberi tagliati verranno ora reintegrati con lo stesso numero di piante giovani».
Un successo anche sotto il profilo dei costi. La spesa per l’intervento nel suo complesso è stata di 2,7 milioni di euro, spesa che sarebbe stata enormemente superiore se si fosse proceduto con una tradizionale attività di sostituzione.
Qui la video intervista realizzata in cantiere da Servizi a Rete