05/08/2013
Servizi a Rete

Il relining che risolve l’emergenza

I gestori delle condotte fognarie e degli impianti di depurazione si trovano frequentemente a far fronte a normali eventi di dispersione di fluidi reflui che poi si traducono in vere e proprie emergenze. Le ricadute ambientali potenzialmente molto gravi, unite a problematiche di natura tecnica e logistica estremamente complesse, dovrebbero determinare l’adozione di adeguati piani di indagini preventive e di interventi di manutenzione programmata, ma la cronica carenza di investimenti che affligge il settore rende di fatto utopico procedere in tal senso.
I siti di posa delle fognature sono infatti la prima ragione di complessità, in quanto profondità di interramento, posizione a centro strada e difficile interruzione del flusso dei reflui condizionano negativamente ogni tipo di intervento di riparazione o di manutenzione e rendono costosi, al di sopra della media, ogni tipo di intervento preventivo.
Di seguito viene esaminato un caso molto complesso, che trova nella soluzione applicata una serie di spunti innovativi che potrebbero essere applicati in casi similari, usualmente classificati come “disperati”.

Il caso
Ci troviamo al cospetto di una condotta fognaria premente, esercita alla pressione di circa 2 bar, che collega una cittadina rivierasca al depuratore sito in un altro centro abitato distante circa otto chilometri. La condotta è in cemento-amianto, diametro 350 mm, posata, per gran parte del suo percorso all’interno di gallerie a senso unico alternato.
La condotta presenta una dispersione all’interno della galleria, generata da una frattura longitudinale della lunghezza di circa 10 m avente inizio circa 10 m a valle di un pozzetto stagno.
La sede di posa è in roccia viva al 100%, il tracciato corre al centro della carreggiata e il traffico non può essere interrotto se non per un massimo di otto ore notturne, per cui non è possibile effettuare la sostituzione dei circa 20 m di tratto, anche in ragione della necessità di trattare e smaltire il cemento amianto secondo procedura di legge.
Inoltre, l’impianto di depurazione presenta una capacità di stoccaccio molto limitata, per cui ogni interruzione del trasferimento dei reflui superiore alle 4 ore circa comporta una deviazione degli stessi in mare.
A complicare ulteriormente il quadro della situazione, vi è la presenza di un’immissione laterale DN250 mm a circa 6 m di distanza dal pozzetto stagno.
In tale situazione, per la somma di tutti gli effetti derivanti, ogni intervento di tipo edile tradizionale a cielo aperto è da escludere, per cui è giocoforza necessario procedere con una modalità di riparazione alternativa.

La soluzione
Le soluzioni idonee al caso, che consentano di risanare la condotta senza demolire pozzetti, estrarre il cemento-amianto e sospendere la viabilità oltre le 8 ore consentite, non sono per nulla facili da individuare.
Anche la classica procedura di risanamento con tecnologia CIPP, meglio conosciuta come “calza termoindurente”, non può essere applicata nella sua versione standard. Non è infatti presente, all’interno della galleria, un secondo pozzetto di recapito, e in relazione al sito, non è nemmeno possibile effettuare uno scavo che consenta di sezionare il fondo della guaina a relining terminato.
Il pozzetto stagno, inoltre, non può essere demolito, per cui può offrire solamente la luce del suo portello (60 cm) quale unica via di accesso alla condotta. In tali condizioni, può essere applicata solamente una tecnica, ovvero l’inversione “open end”.

C.I.P.P. open end
L’open end differisce dal classico schema dell’inversione CIPP per il fatto che non è necessario uno scavo o un pozzetto al punto di termine del liner, ove sezionare la parte di chiusura dello stesso, ripristinando così la normale sezione di deflusso della condotta risanata.
Operando un open end si delega quindi la tenuta idraulica del fluido necessario a determinare l’estroflessione a un liner “a perdere”, che avrà semplicemente la funzione di anima di formatura del tubolare da sottoporre al termo indurimento. Quest’ultimo sarà impregnato di resina completamente, fino alla sua estremità opposta al punto di inserimento, e non sarà sigillato al terminale come nel CIPP standard, ma terminerà a bocca libera.
L’anima interna sarà invece costituita da un sottile tubolare richiuso all’estremità, realizzato in materiale poco affine alla resina ed alla spalmatura del liner CIPP, così da poter essere estratto, il più agevolmente e velocemente possibile, a fine processo di indurimento termico.
Le operazioni di impregnazione del liner con la resina avvengono secondo la normale procedura di riempimento e calandratura della calza in feltro-PU, dopodiché  si procede ad “estroflettere” all’interno del liner il tubolare sottile.
Una volta inserito il tubolare, questo viene sgonfiato e la calza “doppio strato” viene inserita all’interno di un normale estroflessore.
La procedura di messa in opera nella condotta da risanare col sistema dell’inversione ad aria avviene quindi secondo il medesimo procedimento adottato per il CIPP standard, con la sola variante che l’elemento di tenuta idraulica della pressione del fluido (aria o acqua), che determina l’avanzamento della calza all’interno della condotta e il successivo suo gonfiaggio per la formatura fino a indurimento, non è la spalmatura impermeabile della calza multistrato, ma bensì il tubolare “secco”, ovvero non impregnato di resina.
Terminato il consolidamento della calza, il tubolare interno viene semplicemente sgonfiato ed estratto dallo stesso pozzetto attraverso il quale l’intero complesso guaina+tubolare era stato inserito.

Problematiche e cautele
Il sistema descritto potrebbe apparire come il classico “uovo di Colombo” e la domanda del perché non venga applicato usualmente anche per gli altri casi, risparmiando quindi uno scavo e la fastidiosa operazione di taglio di un terminale, nasce spontanea.
Il problema sta nel fatto che l’open-end è un procedimento che ha un costo maggiore, sia per l’impiego a perdere del tubolare di formatura, sia per la maggiore laboriosità dell’operazione.
Inoltre, se non condotto correttamente, può presentare un rischio più elevato di inconvenienti di percorso, quali il bloccaggio del processo di inversione prima del completamento o l’incollaggio del tubolare al liner per effetto del processo in temperatura di termoindurimento.
Al primo inconveniente si può ovviare solo con l’esperienza, che deve essere messa a frutto dall’installatore sia in fase di progettazione dell’intervento sia in fase di realizzazione, tenendo in debito conto il rapporto a tre variabili tra estensione del risanamento/diametro della condotta/spessore del liner e del tubolare.
All’inconveniente dell’incollaggio/fusione di liner e tubolare si può ovviare inserendo un opportuno lubrificante tra i due strati e operando il processo di termoindurimento con la dovuta gradualità, tenendo sempre sotto stretto controllo la curva di salita in temperatura del liner che l’energia termica prodotta dal processo esotermico di termoindurimento si traduce in un aumento additivo della temperatura di processo.

di Carlo Torre – Iren Acqua Gas Spa

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