Frammentazione del mercato, eccessiva burocrazia, grande complessità territoriale in un panorama di scarsa uniformità normativa: sono questi i fattori che rendono ancora poco attrattivo il settore idrico per il mondo della finanza ESG. A ciò si aggiunge una sorta di lontananza degli operatori finanziari dalla reale comprensione del mercato. Ma qualcosa sta cambiando, in meglio.
La riflessione arriva dalla ricerca “Relazione tra investitori e settore idrico: un buco nell’acqua?”, promossa da Gruppo CAP, gestore del servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano, in collaborazione con ETicaNews, testata di ricerca giornalistica sviluppata all’interno di ET.Group, ESG Knowledge Company, e la collaborazione di Assolombarda.
La ricerca, di carattere sia quantitativo che qualitativo, ha coinvolto circa 40 soggetti tra asset manager, asset owner, banche e think tank.
La parte qualitativa ha coinvolto 9 tra i maggiori soggetti finanziari operanti sul territorio*. Ciò che emerge è inequivocabile: nello scenario delineato dal PNRR, con l’impulso ai fondi destinati alle opere ESG (Environmental, Social e Governance), gli investitori chiedono progetti di carattere infrastrutturale che soddisfino specifici requisiti, criteri di sostenibilità di carattere finanziario e reddituale e un ammodernamento sia in termini regolatori sia in termini industriali “Il settore idrico si presenta frammentato in modo ancora eccessivo, e a volte la governance dei soggetti che vi operano presenta instabilità o dipendenza da logiche non prettamente industriali commenta Alessandro Russo, presidente e amministratore delegato di Gruppo CAP.
In un contesto in cui il PNRR promette di dare una spinta al rilancio del Paese, le infrastrutture e le aziende più evolute del settore rappresentano a livello internazionale uno dei poli di attrazione più forti. In questo senso, il mondo della finanza dovrebbe guardare con maggiore interesse alle opportunità che questo settore offre, soprattutto ora”.
La ricerca evidenzia ancora una distanza tra il mondo finanziario e i soggetti che operano nell’idrico.
Quattro le cause principali:
- al primo posto la complessità e la mancata uniformità normativa del settore, complicata da una governance e un impianto regolatorio che viene considerato come poco chiaro e confuso.
- Segue la gestione frammentata,
- Le piccole dimensioni di molti soggetti del settore operanti su un territorio complesso e disomogeneo
- l’assenza tra gli investitori di policy formalizzate ad hoc in merito agli investimenti idrici.
Secondo gli operatori finanziari, tra i principali elementi che producono la frammentazione del settore, e di conseguenza il suo minore appealing, è la presenza sul mercato di oltre 700 gestori, i soggetti di grandi dimensioni che stanno accrescendo il proprio know-how in modo esponenziale e diversificato, cosa che determina una crescente dipendenza delle piccole aziende da quelle più grandi con un dispendio di risorse e capitali.
Nonostante queste difficoltà, complice anche il PNRR e le risorse che vengono in esso riservate al sistema idrico, pari a 4,38 miliardi di euro, la ricerca di Gruppo CAP evidenzia l’interesse e la volontà di effettuare investimenti da parte dei soggetti privati.
Le aree di intervento più interessanti:
- la riduzione delle perdite idriche
- il potenziamento dei sistemi di depurazione delle acque reflue
- lo sviluppo di sistemi per il riutilizzo delle acque di scarico
- la digitalizzazione e il miglioramento delle reti (piuttosto che la progettazione e realizzazione di nuove reti)
- il trattamento dei fanghi e dei rifiuti.
Ma cosa chiedono gli investitori alle aziende del settore idrico?
Due sono le principali esigenze: progetti di carattere infrastrutturale che soddisfino specifici requisiti ESG e criteri di sostenibilità di carattere finanziario e reddituale, a cominciare dalla capacità di comunicare efficacemente dati contabili e presentare business plan chiari e attraenti.
Altri elementi di interesse sono lo sviluppo di progetti che siano attivi su trend di lungo periodo (carenza idrica, inquinamento, cambiamenti climatici, urbanizzazione, invecchiamento delle infrastrutture e incremento di consumo idrico).
La ricerca ha individuato anche gli elementi che possono andare a colmare la distanza che attualmente separa il mondo della finanza e quello delle aziende del sistema idrico. Il primo e più importante elemento è senza dubbio la spinta che arriverà dal PNRR. Sarà necessario poi favorire la conoscenza sia sul fronte identitario che progettuale tra soggetti finanziari e operatori del settore (engagement).
*Banco BPM, Banca Finint, BNP Paribas Asset Management, Decalia Asset Management SIM, DWS Group, Inarcassa, Intesa San Paolo, ESG European Institute e un’altra società che ha voluto rimanere anonima.