L’inadeguato trattamento delle acque reflue urbane è per il nostro Paese un problema che si trascina da anni. E che vede oggi l’Italia già oggetto di tre sentenze di condanna da parte della Corte di giustizia dell’Unione Europea, con una quarta in fase di istruttoria. Nonostante i progressi fatti su questo fronte, la situazione rimane ancora critica. Tanto che la Commissione Europea all’inizio di giugno ha deciso oggi di deferire nuovamente l’Italia alla Corte.
Cinque agglomerati non a norma
Nel nuovo caso al Paese viene contestato il non aver dato piena esecuzione alla sentenza della Corte dell’aprile 2014. La Corte aveva allora stabilito che l’Italia era venuta meno ai suoi obblighi incombenti in forza della direttiva sul trattamento dei reflui urbani (direttiva 91/271/CEE del Consiglio) in quanto 41 agglomerati non avevano garantito la raccolta e il trattamento adeguati delle acque reflue urbane.
Nello specifico, il problema ora riguarda cinque agglomerati: uno in Valle d’Aosta e quattro in Sicilia.
«La mancanza di adeguati sistemi di trattamento per questi cinque agglomerati comporta rischi significativi per la salute umana, le acque interne e l’ambiente marino nelle aree critiche sotto il profilo ecologico dove sono scaricate le acque reflue non trattate», ricorda una nota della Commissione europea.
Rischio di nuove sanzioni
Questo rinvio alla Corte UE può comportare nuove sanzioni pecuniarie per il nostro Paese, che comunque, dalle informazioni trasmesse dalle nostre autorità alla commissione, non raggiungerà la piena conformità alla sentenza del 2014 prima del 2027. Insomma, fra quattro anni, quando l’Italia, sottolinea ancora la commissione nella nota, «avrebbe dovuto garantire il rispetto della direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane sin dal 31 dicembre 1998».
Quattro procedure attive
Una nuova bacchettata per un Paese che ha già quattro procedure attive in tema di collettamento, fognatura e depurazione.
- La 2004/2034, sulle acque reflue nei centri urbani, arrivata alla sanzione pecuniaria (causa C-251/17)
- La 2009/2034 (C-85/13) sugli scarichi in aree sensibili
- La 2014/2059, entrambe per le quali l’Italia è stata già condannata.
- E la procedura 2017/2181, ancora in fase istruttoria.
Condanne che costano circa 45 milioni di euro all’anno, ma soprattutto un grave danno di immagine per il Paese, oltre al danno ambientale generato dal non corretto trattamento dei reflui.