acquevenete mette fine all’emergenza Pfas nella Bassa Padovana

Un importante risultato è stato raggiunto da acquevenete: la fine dell’emergenza Pfas nel territorio servito, ovvero quello della Bassa Padovana. Sono state infatti inaugurate ed entrate in esercizio le opere che permettono di dire definitivamente addio alla fornitura, dalla centrale di Madonna di Lonigo, di acqua trattata a carboni attivi in quanto contaminata dalle sostanze perfluorurate e polifluorurate. A garantire l’approvvigionamento idrico dei comuni di Montagnana, Borgo Veneto, Casale di Scodosia, Megliadino San Vitale, Merlara, Pojana Maggiore e Urbana è ora l’acqua di alta qualità proveniente dalla fonte pedemontana di Camazzole.

Acqua incontaminata

Una fonte incontaminata che si trova nel comune di Carmignano di Brenta, punto nevralgico per l’alimentazione della parte meridionale del Veneto, tramite gli schemi acquedottistici che compongono il più ampio ambito del Modello Strutturale degli Acquedotti del Veneto (MOSAV). Più nello specifico, si tratta di un importante campo pozzi posto nel sedime del fiume Brenta, in un luogo di alto valore ambientale caratterizzato da acqua di ottima qualità alla fonte.

Da qui, una condotta di grande diametro, già di proprietà di acquevenete e di Etra, si sviluppa lungo la dorsale Carmignano di Brenta-Padova Ovest-Monselice-Ponso e interconnette idraulicamente le fonti pedemontane con la Bassa Padovana.

Il nuovo schema idrico

A questo schema idrico acquevenete ha collegato una nuova condotta adduttrice dal diametro di 600 mm, lungo la direttrice Ponso-Montagnana-Pojana Maggiore e, contestualmente, alimentare un nuovo serbatoio costruito a Montagnana.

Il nuovo serbatoio è costituito da due moduli di 5.000 metri cubi ciascuno, con annessa centrale di pompaggio da 275 kW, per una capacità complessiva dunque di 10.000 metri cubi. Un’opera di valenza bio-architettonica, progettata per armonizzarsi nel contesto paesaggistico e rurale nel quale sorge.

21 chilometri di nuove condotte

Oltre al nuovo serbatoio, il gestore idrico ha realizzato in quattro anni più di 21 chilometri di nuove tubazioni. Di questi, 18 km realizzati con scavo a cielo aperto e 3 km con trivellazioni orizzontali teleguidate per superare corsi d’acqua e ostacoli vari, come le interferenze con altre importanti strutture preesistenti.

Il costo complessivo dell’opera è stato di 28 milioni di euro, dei quali 24,8 coperti dai fondi messi a disposizione dal governo e veicolati attraverso Regione Veneto e il Commissario straordinario per l’emergenza Pfas.

Fine dell’emergenza

«Con l’inaugurazione di quest’opera dichiariamo chiusa l’emergenza Pfas nel nostro territorio – ha commentato il presidente di acquevenete Piergiorgio Cortelazzo. – Si è soliti usare l’espressione “facile come bere un bicchiere d’acqua”, ma qui di facile non c’è stato proprio niente. Il percorso per arrivare a questo risultato è stato tutto in salita, ma, grazie alla sinergia tra i diversi attori in campo, le opere progettate e realizzate in quattro anni, costituiscono una risposta definitiva ai gravi problemi che i cittadini di questi luoghi hanno subito».

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