Era l’11 giugno del 1896 quando venne inaugurato l’Acquedotto delle Arbure, uno dei primi grandi acquedotti moderni costruiti in Italia, che attingendo alle salubri e copiose acque del Monte Amiata pose fine alla “sete” della città di Grosseto.
Per ricordare questa importante pagina della storia della Maremma, Acquedotto del Fiora, con il patrocinio del Comune di Grosseto e la partecipazione del Comune di Castel del Piano, ha organizzato una celebrazione che si è tenuta presso le Casette Cinquecentesche del Cassero Senese, vicino all’antico serbatoio del Maiano, dove confluivano le acque potabili che la conduttura metteva a disposizione della cittadinanza e dove 120 anni fa si tenne la cerimonia di inaugurazione. “Si trattò di un’opera imponente, sia per lunghezza del tracciato sia per complessità del progetto, una delle più innovative condutture per l’approvvigionamento idrico fino ad allora realizzate in Italia – ha affermato il presidente di Acquedotto del Fiora Tiberio Tiberi – Un’opera molto attesa dalla città di Grosseto, allora al centro di una terra malsana e insalubre, dove i circa 6000 abitanti si procuravano acqua non certo di qualità dai pochi pozzi esistenti”.
Il compleanno dell’acquedotto sarà celebrato anche con un libro, che presto sarà dato alle stampe, che raccoglierà documenti anche inediti, tratti dall’Archivio di Stato di Grosseto e dalla biblioteca comunale Chelliana, e alcune interessanti testimonianze.
L’acquedotto delle Arbure venne inaugurato l’11 giugno del 1896 presso il serbatoio del Maiano. Concluso dalla Società per le Condotte d’acqua di Roma, l’acquedotto captava le acque dal Monte Amiata, nei pressi di Castel del Piano, dalle sorgenti Arbure e Bugnano. Si dovettero posare tubature per oltre 58.000 metri, per un totale di due milioni e quattrocentomila chilogrammi di ghisa, lungo un tracciato che percorreva ben sette territori comunali, per servire l’abitato del capoluogo di provincia e le frazioni di Istia e di Batignano. Inoltre, vennero completate varie opere di alto valore ingegneristico e artistico, come il ponte sul torrente delle Trasubbie, uno dei primi di 41 metri a unica campata parabolica in ferro. Per riuscire in questa ambiziosa impresa il Comune di Grosseto dovette aprire un mutuo di ben 1.500.000 lire, concesso dalla Cassa depositi e prestiti, da estinguere in 50 anni, in seguito a un tanto agognato disegno di legge datato 1888. Vennero risolte così le problematiche più urgenti per il capoluogo, che non avrebbe avuto uno sviluppo sociale ed economico senza essere dotato di acqua potabile. Si ottenne inoltre, nel 1897, proprio grazie alla realizzazione dell’acquedotto, l’abolizione della vergognosa “condanna” dell’estatatura, l’esodo estivo degli uffici pubblici indetto per scansare il rischio malaria, che allora si pensava collegato a una questione igienico sanitaria dovuta all’acqua stagnante. La città, che allora contava circa 5.000 abitanti, passò in pochi anni a 30.000.